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Orchestra di chitarre classiche dal 1978

Il mondo della chitarra


Il sistema tonale moderno di Enrico Parravicini


Sistema greco-pitagorico

Il moderno sistema tonale trae le sue origini dall'antico sistema greco-pitagorico, basato sui rapporti delle quinte perfette, in ordine al quale ciascun suono naturale genera automaticamente un suono armonico di frequenza pari a 3/2 di quella del suono generatore; il suono generato, che eccede rispetto al suono fondamentale di un intervallo di quinta, è a sua volta generatore di un ulteriore suono armonico con le medesime caratteristiche, come appare evidente dallo schema seguente

SUONO GENERATORE SUONO GENERATO
FA DO
DO SOL
SOL RE
RE LA
LA MI
MI SI


Riconducendo entro i limiti di una ottava tutti i suoni che ne siano esclusi e disponendoli quindi in ordine crescente di frequenza, si ottiene la seguente scala di valori:


DO RE MI FA SOL LA SI

Il progressivo ed inevitabile abbandono del sistema greco-pitagorico è determinato dal fatto che la concatenazione di quinte perfette, sulla quale lo stesso. è fondato, genera, in corrispondenza di suoni relativamente lontani dal suono fondamentale, una seppur minima differenza di frequenza, quando tali suoni sono ottenuti sovrapponendo intervalli diversi ad un suono fondamentale comune. Per la precisione, si rileva che un suono ottenuto dalla sovrapposizione di dodici quinte consecutive registra una frequenza di poco superiore a quella dell' analogo suono.ottenuto dalla sovrapposizione di sette ottave consecutive (a partire da un medesimo suono fondamentale comune), che pur dovrebbe avere la medesima frequenza. Tale differenza, espressa dal rapporto: dove ‘n’ rappresenta la frequenza del suono fondamentale comune, si definisce comma ditonico o pitagorico.


Sistema zarliniano (o dei rapporti matematici semplici)
Di derivazione dal sistema greco-pitagorico è quello definito dei rapporti matematici semplici, formulato da Archita (4° / 5° sec. aC), perfezionato da Didimo (1° sec. aC) e da Tolomeo (1° e 2° sec. dC), ma codificato definitivamente nel 1558, ad opera del teorico Gioseffo Zarlino. Tale criterio precorre, pur senza identificarsi completamente con lo stesso, quello della generazione dei suoni armonici in concomitanza alla emissione di un suono fondamentale, armonici che registrano frequenze proporzionali rispetto a quella del suono generatore, quantificabili sulla base dei rapporti matematici semplici.

Nell’esempio a seguire si evidenziano i rapporti di frequenza intercorrenti fra un suono generatore (1) ed i suoni armonici progressivamente generati dallo stesso (2, 3, 4, 5, 6, n). Si deduce che il primo suono armonico generato a fronte del suono fondamentale 1 avrà, nei confronti dello stesso, un rapporto di frequenza pari a 2/1; il secondo suono armonico avrà un rapporto di frequenza, rispetto al precedente, pari a 3/2 e, di conseguenza, pari a 3/1 rispetto al suono fondamentale comune, come appare evidente nello schema seguente.

SUONO GENERATORE ARMONICI GENERATI RAPPORTO DI FREQUENZA
DO DO 2/1
SOL 3/2
DO 4/3
MI 5/4
SOL 6/5


Procedendo per analogia sulla base dei rapporti matematici semplici, riconducendo tutti i suoni ottenuti nell’ambito di un’unica ottava e disponendoli quindi in ordine crescente di frequenza, si ottiene la seguente scala di valori:


DO RE MI FA SOL LA SI DO

Attribuendo la frequenza convenzionale di 440 Hz al diapason, se ne può ricavare una gamma di frequenze, corrispondenti alla scala di suoni sopra riportata; osserviamo nello schema successivo come, in questo caso, gli intervalli dei suoni siano tutti regolati dai rapporti matematici semplici.

SUONO FREQUENZA
ESPRESSA IN Hz
DO 264
RE 297
MI 330
FA 352
SOL 396
LA 440
SI 495
DO 528


Anche il sistema zarliniano presenta, tuttavia, una differenza di frequenza fra due suoni teoricamente omologhi, ma ottenuti dalla sovrapposizione di due intervalli diversi ad un unico suono fondamentale comune. Per la precisione, si rileva che un suono, ottenuto dalla sovrapposizione di quattro quinte consecutive, registra una frequenza di poco superiore a quella dell’omologo suono, ottenuto dalla applicazione del quinto rapporto semplice (a partire da un suono fondamentale comune), che pur dovrebbe avere la medesima frequenza. Tale differenza, espressa dal rapporto: dove ‘n’ rappresenta la frequenza del suono fondamentale comune, si definisce comma sintonico o di Didimo.

Una ancor più evidente dimostrazione della innegabile esistenza del comma sintonico si ha se ci si basa sugli armonici naturali. Prendiamo la scala diatonica di DO maggiore; il RE si può ricavare come quinta di un’altra quinta (cioè la quinta di SOL a sua volta quinta di DO) e ha pertanto un rapporto di 9/8 rispetto al DO; il LA si può vedere come una terza minore sotto il DO e il rapporto è di 5/3. Ma il rapporto reciproco tra il RE e il LA, che sono a distanza di una quinta, non è 3/2 ma 40/27, che è un po' di meno (quinta stretta). Il rapporto tra questi due valori, cioè 81/80, coincide con il valore di 1,0125 già rilevato con l’applicazione della precedente dimostrazione.

Per ulteriore chiarezza, riportiamo anche questo secondo esempio alla quantificazione delle frequenze.

SUONO GENERATORE ARMONICI GENERATI RAPPORTO DI FREQUENZA FREQUENZA
DO 1 264
SOL DO * 3/2 396
RE SOL * 3/2 594
LA (1) DO * 5/3 440
LA (2) (RE/2) * 3/2 445,5


comma sintonico = LA (2) / LA (1) = 1,0125


Il comma enarmonico

Esiste infine un terzo comma, il comma enarmonico, che si ottiene sovrapponendo tre terze maggiori e ponendo in rapporto la frequenza raggiunta con quella dell’intervallo di ottava teoricamente equivalente.

SUONO FREQUENZA
ESPRESSA IN Hz
DO 264
MI 330
SOL# 412,5
SI# 515,625


In questo caso la differenza tra il SI# e il DO dell’ottava superiore a quella del suono generatore (intervallo enarmonico) è ancora maggiore, rispetto ai tipi di comma sinora analizzati: il rapporto è infatti: dove ‘n’ rappresenta la frequenza del suono fondamentale comune. Il rapporto, pari a 128/125, cioè a più di 41 cent, è davvero troppo per essere usato in pratica e difficile per poter essere temperato.


Il comma generico

Nell’insegnamento della grammatica musicale, è invalsa la pratica di fare riferimento ad un comma generico, inteso come la nona parte di un tono, ovvero come la cinquantaquattresima parte di un intervallo di ottava. Tale definizione è priva del minimo fondamento teorico ed è indifendibile ed indimostrabile sotto il profilo matematico. Presenta il vantaggio di una rapida assimilazione concettuale da parte degli allievi e facilita gli insegnanti nella spiegazione della differenza fra semitono cromatico e semitono diatonico.


Sistema temperato (o temperamento equabile)

L’innegabile esistenza del comma, che pregiudica una difendibile teorizzazione dei rapporti di frequenza dei suoni naturali, è stata da sempre un limite allo sviluppo armonico della musica, nonché, in campo più pratico, ad una corretta accordatura degli strumenti musicali. L’esigenza di un criterio che conciliasse le leggi fisiche dell’acustica con le istanze tecniche delle discipline musicali fu avvertita, nella seconda metà del ‘600, dal teorico tedesco Andrea Werckmeister, che formulò in proposito la teoria del temperamento equabile, a tutt’oggi fondamento del sistema musicale occidentale, che prende di conseguenza il nome di sistema tonale temperato.

Tale sistema considera esclusivamente il primo rapporto semplice della scala zarliniana (quello che intercorre fra un suono generatore ed il primo armonico generato dallo stesso, pari a 2/1) e lo definisce intervallo di ottava, teorizzandone la divisione in dodici segmenti uguali, definiti semitoni temperati. Ciascun semitono si porrà in rapporto di frequenza, rispetto al precedente, sulla base di: Dato pertanto un suono di frequenza 1, il semitono immediatamente superiore avrà frequenza: e quello ulteriormente superiore: La scala dei valori che si ottiene in tal modo ed i relativi rapporti di frequenza, risultano dunque i seguenti:

SUONO RAPPORTO DI FREQUENZA
DO 1
RE 1,12245
MI 1,25989
FA 1,33480
SOL 1,49824
LA 1,68170
SI 1,88762
DO 2


Nel caso del temperamento equabile, naturalmente, non si parla di comma: nessun intervallo segue gli armonici, e ci si accontenta di avere un'approssimazione costante. Il sistema temperato, pur nel suo disallineamento rispetto alle leggi fisiche dell’acustica ed alla classificazione di frequenza dei suoni naturali, consente tuttavia uno spazio di più ampio respiro alla diversificazione degli accostamenti armonici e, grazie alla eliminazione delle differenze di frequenza determinate dalla presenza del comma sintonico, favorisce una corretta intonazione degli strumenti musicali, presupposto indispensabile allo sviluppo della polifonia tonale moderna.

In ciò il sistema temperato ha trovato un ottimo ulteriore alleato nella convenzione internazionale stipulata nel 1939 e che sancisce la frequenza del diapason in 440 Hz (precedentemente i costruttori di strumenti musicali operavano liberamente con frequenze oscillanti fra i 435 ed i 441 Hz), rendendo in tal modo definitiva la conquista di una regola fissa nella accordatura degli strumenti.

Storicamente, il sistema temperato trovò il suo primo convinto sostenitore nel musicista tedesco Johann Sabastian Bach, che, non appena conosciuta la teoria di Werckmeister, ne offrì un incomparabile esempio nella raccolta di Preludi e Fughe, intitolata appunto "Clavicembalo ben temperato". Anche la chitarra, strumento temperato, ha avuto in questo senso il suo apologeta nel compositore italo-americano Mario Castelnuovo Tedesco, nella sua "Chitarra ben temperata".


Il temperamento equabile nella costruzione e nella accordatura della chitarra

Da sempre la chitarra presenta problemi di costruzione e di accordatura determinati dalle anzidette differenze di frequenza dei suoni maturali. Se l’applicazione dei tasti alla tastiera della chitarra avvenisse secondo la logica dei rapporti matematici semplici, l’unico rapporto corretto sarebbe quello in corrispondenza del primo armonico naturale, che, presentandosi con frequenza doppia rispetto al suono generatore, cadrebbe in corrispopndenza della metà esatta della corda vibrante. In questa posizione verrebbe posto il XII tasto, unico di tutto lo strumento, dove, anche in assenza di temperamento, gli armonici maturali corrisponderebbero alla relativa nota tastata. Procedendo con l’applicazione dei rapporti matematici semplici, si collocherebbe il VII tasto (rapporto 3/2), dove già l’armonico naturale si discosta di una seppur minima frequenza dalla relativa nota tastata, per proseguire in analogia alla disposizione di tutti gli altri tasti, creando comunque, in corrispondenza di intervalli sempre più distanti dal suono fondamentale, differenze di intonazione sempre più ampie e percepibili fra gli armonici naturali e le relative note tastate.

La soluzione, come sempre, risiede nella costruzione temperata della chitarra, laddove il posizionamento dei tasti deve avvenire secondo una logica che consenta la produzione di suoni equidistanti, secondo la citata formula: L’applicazione del temperamento equabile risolve però il problema della accordatura all’interno di una corda stessa, perchè, nel passaggio da una corda all’altra, l’eventuale utilizzo di armonici naturali quali note di riferimento (prassi in uso dalla maggiior parte dei chitarristi) riporterebbe il problema nei suoi termini iniziali. Per questo motivo gli armonici si possono utilizzare per accordare solo tra di loro, cioè confrontando un armonico con un altro armonico, mentre il confronto tra un armonico ed una nota tastata non sarà mai perfettamente intonato (ad eccezione degli armonici corrispondenti alla nota fondamentale, come quelli al XII tasto).

E allora? E allora, signori, per quanto triste sia doverlo ammettere, il metodo più sicuro per l’accordatura della chitarra è quello di utilizzare un accordatore elettronico, a meno che uno non sia dotato di ... orecchio ben temperato.

Oggi il problema di coesistenza all’interno di un organico polistrumentale fra strumenti temperati e strumenti non temperati è forse l’unico aspetto che non ha ancora una soluzione definitiva. Solo la sensibilità di validi maestri concertatori riesce a supplire a qualche potenziale distonia armonica, dovuta alla semplice pressione sulla sezione di una tastiera non temperata (come, ad esempio, quella di un violino), con un dito collocato un millimetro troppo a monte o troppo a valle del punto esatto di temperamento. E qui possiamo scadere nelle citazioni di repertorio, quali, ad esempio, l’episodio di Arturo Toscanini, che, dirigendo in prova l’Orchestra della Scala di Milano, sarebbe riuscito a percepire, nel contesto di centoventi strumenti che suonavano contemporaneamente, un comma errato da parte di un malcapitato secondo violino, che portava il Fa diesis della partitura ad un indesiderato SOL bemolle, scatenando le ire del celebre e focoso direttore. Ma siamo nella ridda delle ipotesi, o, addirittura, delle leggende metropolitane.